“Conosci te stesso!”, ammoniva l’iscrizione sul tempio di Apollo a Delfi.
Il punto è che per conoscere noi stessi abbiamo bisogno degli altri.
È un circolo continuo: il modo in cui scopriamo gli altri “dentro” di noi influenza il modo in cui li incontriamo “fuori” di noi; e viceversa: il modo in cui li incontriamo “fuori” di noi influenza il modo in cui li scopriamo “dentro” di noi.
Il “vuoto” e il “pieno” che sperimentiamo dentro ha a che fare con il “vuoto” e il “pieno” che sperimentiamo fuori.
Fin da quando siamo nel grembo delle nostre madri il nostro corpo sembra muoversi alla ricerca dell’altro.
Siamo esseri sociali, da sempre.
Bettamin e Giordano in “La relazione assoluta” (a cura di Pintus e Crolle Santi), citando Gallese, sottolineano che studiando le ecografie dei gemelli è possibile notare come i loro movimenti siano movimenti prevalentemente relazionali.
La percentuale di gesti che ogni fratellino compie verso il proprio gemello è notevolmente superiore alla percentuale dei gesti che egli compie per toccare se stesso o per esplorare la parete del sacco.
Il movimento di questi piccoli corpicini sembra rivelare l’identica intenzionalità presente nei movimenti dei nostri corpi di adulti: attraverso la conoscenza dell’altro conosciamo noi stessi e attraverso la conoscenza di noi stessi conosciamo l’altro.
Siamo esseri sociali: questa è la nostra natura; ed è proprio in questa dinamica relazionale fatta di “dentro” e “fuori”, “vuoto” e “pieno”, “presenza” e “assenza”, che possiamo scoprire i significati che danno senso alle nostre esistenze.
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