Siamo arrivati al 31 dicembre, e anche quest’anno sciagurato è giunto ormai alla fine.
Tanti hanno perso i propri affetti più cari e per molti di loro, forse, più ancora della scomparsa, è stata tragica la modalità della dipartita: senza un contatto, senza l’ultimo saluto, senza quei riti che danno conforto al pianto e aiutano il cuore e l’animo a iniziare il processo del lutto.
Tanti hanno perso il lavoro; molti hanno visto andare in pezzi quanto avevano costruito con i sacrifici e l’impegno di una vita.
Altri, costretti a sopravvivere in spazi vitali ridotti, senza possibilità di uscire e sottoposti alle pressioni soverchianti di una situazione troppo difficile da gestire, hanno visto le proprie relazioni andare in crisi.
Fermati e respira, come senti i tuoi piedi?
Siamo arrivati al 31 dicembre, e anche quest’anno sciagurato è giunto ormai alla fine. Oggi sarà diverso dalle scorse volte. Stanotte non ci saranno le grandi riunioni di parenti e amici con cui brindare all’arrivo del nuovo anno. Stanotte ci augureremo ogni bene in maniera differente. Ma lo faremo, nella consapevolezza della differenza (perché è diverso), ma anche nella consapevolezza della continuità e del radicamento in quegli aspetti essenziali che fanno di noi degli esseri umani.
Fermati e respira, come senti i tuoi piedi?
Per andare incontro al futuro (ed affrontarlo, se necessario) dobbiamo essere presenti nel presente.
Qualche giorno fa, in un bellissimo articolo apparso su “La Sicilia” del 27 dicembre, Giovanni Salonia scrive che la possibilità del nuovo passa attraverso l’accettazione del presente (anche quando questo è doloroso).
Nel leggere le riflessioni di Salonia, mi sono detto che solo vedendo la realtà per quella che è possiamo cogliere in essa (e in noi) la promessa di una vita che continua; solo scoprendoci presenti nel presente possiamo commuoverci per i nuovi germogli che impavidi si aprono al futuro.
Da quest’ultimo (il futuro), possiamo anche imparare, scrive Salonia.
Per farlo dobbiamo portarvi dentro la fiducia che il passato (tutto il passato) della vita ha costruito.
Il nostro futuro lo costruiamo adesso, nel presente di ogni attimo.
Fermati e respira, come senti i tuoi piedi?
Dobbiamo tenerci stretta l’audacia del germoglio, la sua fede nella vita, il suo legame con la terra e il suo farsi strada verso la bellezza del cielo.
Come il germoglio, anche noi dobbiamo essere audaci.
Iniziamo a praticare il coraggio delle parole, facciamolo con cura: usiamone alcune, ed evitiamo di usarne altre.
Ad esempio: per descrivere le esperienze dolorose che stiamo vivendo in questo tempo della storia umana, evitiamo di usare l’espressione “Dobbiamo abituarci”, perché abituarsi a tutto ciò è inumano.
Usare questa espressione lentamente mina il nostro legame con la terra (intendendo con ciò tutti gli aspetti che ci fanno propriamente umani).
Così come il germoglio, anche noi senza terra non possiamo vivere.
Fermati e respira, come senti i tuoi piedi?
Diciamo invece: “Facciamo quello che va fatto”, “Facciamo quello che la situazione richiede”, “Adesso occorre fare così”, e così via; ma preserviamo la nostra umanità, partendo dalle parole che scegliamo di usare.
Fermati e respira, come senti i tuoi piedi?
Ti auguro un buon 2021, e auguro a tutti noi che possiamo conservare l’audacia del germoglio, la sua fede nella vita e il suo legame con la terra, mentre ci facciamo strada verso la bellezza del cielo.
Pubblicato il31/12/2020 - Photo by Annie Spratt on Unsplash
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