
Chi controlla le parole (e con esse le definizioni) ha un immenso potere.
Le parole sono in grado di disegnare i contorni della “realtà” nella quale viviamo e alla quale reagiamo.
Sebbene il potere definitorio delle parole sia una cosa così importante, sia a livello sociale sia a livello individuale, per ragioni apparentemente differenti, le persone spesso tendono, nei fatti, a rinunciarvi.
Nel primo caso, a livello sociale, molte persone smettono di scegliere le parole da usare perché semplicemente si adattano ad utilizzare quelle che altri hanno scelto per loro.
Così facendo esse rinunciano totalmente al potere e alla responsabilità di definire “il cosa” e “il come” delle esperienze che riguardano la collettività.
In questo caso la rinuncia potrebbe apparire motivata da un’argomentazione di questo tipo: il potere del singolo è inferiore a quello del gruppo, è dunque naturale che il singolo si adegui alle decisioni dei molti. Per inciso, gioverebbe capire chi siano poi questi “molti” che decidono.
Il punto è che, spesso, gli individui rinunciano a questo potere di scelta definitoria anche quando non devono competere con altri, e nel farlo, alle volte, usano espressioni molto infelici.
Hai presente chi, di fronte ad una semplice sbadataggine o dimenticanza, non esista a definire se stesso con epiteti davvero poco lusinghieri? Ecco!
Vogliamo parlare di quelli che mentre ti fanno un regalo, prima ancora di consegnartelo, ti anticipano che si tratta di qualcosa assolutamente priva di qualsiasi valore (estetico, economico, pratico)?
Succede, vero? Si, succede spesso.
Qualcuno potrebbe dire: “Vabbè, dai, è solo un modo di dire!”; oppure: “E’ solo un’abitudine.”; o ancora: “E’ per non creare aspettative troppo alte”.
Bene, perfetto! Ricorda solo che se usi quel tipo di espressioni, qualunque sia il motivo per cui lo fai, in quel momento quelle definizioni definiranno te e il tuo comportamento, e sia tu che gli altri (più o meno consapevolmente) ne sarete influenzati.
Immagina quali sarebbero le conseguenze sul lungo periodo se certi tipi di definizioni venissero ripetuti nel tempo, costantemente e in ogni circostanza.
Non farti ingannare dalla apparente inconsistenza delle parole, perché è solo apparente: così come una semplice goccia d’acqua, nel tempo, è in grado di scavare la dura roccia, allo stesso modo, la parola ripetuta è in grado di scavare il cuore dell’uomo e di modellare durevolmente la forma dei suoi pensieri.
Se è vero che “ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso” (frase attribuita a Ermete Trismegisto), allora, per una sorta di trasposizione, è ragionevole ritenere che in entrambi i casi, sia a livello sociale sia a livello individuale, la ragione di tale dannosa rinuncia sia la stessa, e che questa sia da ricercare in una diffusa mancanza di consapevolezza.
Gli effetti delle definizioni, sebbene spesso non siano immediatamente evidenti, ciò nondimeno sono molto profondi.
Per ribadire l’importanza di tale potere definitorio (al quale, purtroppo, così tanti sembrano disposti a rinunciare senza preoccuparsene più di tanto), riporto alcune considerazioni di Robert Cialdini, il quale, a sua volta, si rifà agli studi dello psicolinguista Gün Semin.
Lo scopo principale del linguaggio, affermano i due studiosi, è quello di orientare l’attenzione del destinatario del messaggio verso un preciso settore della realtà.
Tale orientamento, ottenuto tramite la scelta delle parole e delle definizioni utilizzate, è in grado di attivare specifiche associazioni nella mente di chi riceve il messaggio; tali associazioni (e questo è l’elemento più importante), a loro volta, tenderanno a trasformarsi in specifiche reazioni (cognitive, emotive e comportamentali).
Tutto ciò ha implicazioni enormi: il linguaggio non è più considerato un semplice strumento di trasmissione di idee dotato di natura puramente informativa e per così dire “neutra”; al contrario, esso è un vero e proprio strumento di potere.
Come sottolinea Cialdini, a seguito dell’orientamento dell’attenzione e delle catene associative stimolate, quando dici qualcosa a qualcuno non stai semplicemente “informando” il tuo interlocutore in merito a quella cosa, in realtà stai esercitando su di lui un’influenza persuasiva.
Concludendo: avere la consapevolezza del potere insito nelle parole ti permette, da un lato, sia di proteggerti dalle influenze occulte presenti nella comunicazione sociale sia di comunicare con gli altri in una maniera che porti valore, bellezza e salute (in senso lato); dall’altro, a livello individuale, questa stessa consapevolezza ti aiuta ad avere un’identica benefica cura anche quando ti rivolgi a te stesso.
Pubblicato il 13/12/2019 - Photo by Kelly Sikkema on Unsplash
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